Rispetto alle compravendite, che negli ultimi anni hanno fatto registrare un trend positivo, i prezzi delle case fanno fatica a riprendere terreno. Le stime preliminari pubblicate dall’Istat lo scorso luglio hanno indicato, nel primo trimestre 2018, una diminuzione dell’indice dei prezzi delle abitazioni (Ipab) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2017. Ma quali elementi influenzano l’andamento dei valori degli immobili? A spiegarlo è Federico Polidoro, dirigente del Servizio Sistema Integrato sulle condizioni economiche e dei prezzi al consumo dell’Istat.
Come sottolineato dal “Rapporto immobiliare residenziale 2018”, realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (Omi), in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana (Abi), se nel corso del 2017 il numero di compravendite nel settore residenziale è cresciuto del 4,9% rispetto al 2016, sul fronte prezzi è proseguita la flessione (-1,1%) avviatasi a partire dal 2012, anno in cui i valori hanno cominciato a scendere significativamente. Focalizzando, in particolare, l’attenzione sull’ultimo triennio, risulta evidente la ripresa del mercato residenziale in termini di volumi e contestualmente il persistere della discesa (seppure via via più lieve) dei prezzi, con l’eccezione del 2016 quando hanno registrato una crescita di appena lo 0,3%.
Come si può spiegare lo scollamento che in questi ultimi anni si è registrato tra andamento delle compravendite e dei prezzi?
“Il calo dei volumi è iniziato prima del 2012, anno in cui anche i prezzi hanno cominciato la loro discesa. I valori hanno tardato a muoversi e a scendere, comunque non si sono dimezzati così come i volumi.
Nel 2013 – con meno di 400mila abitazioni compravendute – è stato toccato il punto più basso in termini di compravendite, meno della metà rispetto al picco raggiunto nel 2006, quando sono state registrate più di 850mila abitazioni compravendute. Sul fronte dei prezzi non c’è stato un dimezzamento, ma sicuramente a partire dal 2012 i valori hanno cominciato a calare anche in maniera consistente nel nostro Paese, risentendo – in qualche modo – della dinamica della domanda. Complessivamente, però, è chiaro che oltre al rapporto tra domanda e offerta ci sono anche altri fattori da prendere in considerazione.
Facendo un esempio ed esaminando il caso di Londra, si può notare che si tratta di un mercato dove, oltre a una domanda sostenuta, grazie al reddito e alle condizioni economiche di parte delle famiglie, c’è anche una concentrazione di capitale tale da influenzare l’andamento delle quotazioni immobiliari. Anche se Londra nell’ultimo periodo ha fatto registrare segnali di rallentamento, il Regno Unito non ha quasi conosciuto crisi nel mercato immobiliare durante gli ultimi anni. Nel primo trimestre del 2018, il Regno Unito ha continuato a viaggiare con valori a +4,4%, mentre l’Italia sta a -0,4%. Questo per sottolineare la molteplicità dei fattori che influenzano il mercato immobiliare.
“In generale, l’andamento dei prezzi, anche al consumo, è influenzato da fattori esogeni che prescindono dall’andamento della domanda e dell’offerta. Anche per quanto riguarda nello specifico i prezzi delle abitazioni, ci sono sicuramente altri fattori che ne determinano la dinamica e che non riguardano solo il rapporto tra domanda e offerta, che comunque ha sicuramente una sua influenza”.
Quando si parla di andamento dei prezzi delle case, è quindi più che mai fondamentale analizzare anche il contesto in cui ci si muove?
“Usciamo da una crisi economica che, a livello internazionale, nella sua prima ondata, è partita proprio dal mercato immobiliare con la crisi dei mutui subprime, che ha visto molte famiglie non riuscire più a far fronte ai prestiti contratti per l’acquisto delle abitazioni, generando una crisi del sistema creditizio che si è poi trasmessa all’economia reale. In alcuni Paesi c’è stata una vera e propria bolla del settore. La Spagna, adesso in forte ripresa, ha subito per un lungo periodo un calo molto drastico delle quotazioni a causa principalmente del forte stock di invenduto.
Quando si esaminano i fattori che influenzano l’andamento dei prezzi delle abitazioni è quindi necessario individuare una combinazione di specifici elementi: domanda, investimenti, sviluppo eccessivo delle nuove edificazioni. Tutto ciò in una situazione che ha visto l’Italia vivere una crisi economica molto importante, dove la domanda generale delle famiglie ha conosciuto una fase di contrazione, dove la popolazione sta invecchiando e si è fatto ricorso al risparmio per poter fronteggiare la crisi economica negli anni più difficili, spostando inevitabilmente risorse che potevano essere investite su beni come la casa”.
Ad oggi, come si potrebbe chiudere l’anno?
“Per quanto riguarda il 2018, il primo trimestre non è partito al meglio, facendo segnare valori a -0,4%, con una divaricazione più netta tra abitazioni nuove ed esistenti, con i prezzi delle abitazioni nuove cresciuti dell’1,3% su base annuale (valori tendenziali), mentre le abitazioni esistenti hanno fatto registrare un -0,8%.
A livello europeo, l’Italia è un po’ il fanalino di coda in termini di variazione dei prezzi. E il primo trimestre di quest’anno lo conferma. In tutti i Paesi dell’Unione europea, infatti, i prezzi delle case sono aumentati: Germania (+5,3%), Gran Bretagna (+4,4%), Francia (+3,4%), Spagna che è in forte ripresa (+6,2%). I Paesi in cui non sono cresciuti o sono leggermente diminuiti vedono l’Italia (-0,4%), la Svezia (-0,4%) e la Finlandia (-0,1%).
Allo stato attuale delle cose, se i prezzi dovessero rimanere stabili nell’arco dei prossimi tre trimestri, la prospettiva più ragionevole è che la variazione si aggiri attorno allo zero.
Complessivamente la crescita dei volumi si sta confermando, ma a ritmi meno sostenuti rispetto a quelli registrati nel 2016, quando le compravendite sono state spinte anche dagli incentivi fiscali. Quindi, considerando la vischiosità dei prezzi nei confronti dei volumi compravenduti, non appare prevedibile una variazione significativa dei valori”.